Pitture Rupestri a Ostuni
Siamo andati a cercare le pitture rupestri delle antiche chiese bizantine o lame dipinte sepolte in strutture di periodi precedenti o posteriori ai secoli X-XII, in cui tipicamente i monaci Basiliani fondavano quelle piccole comunità artistiche o di preghiera. L’icona non è un quadro. È una preghiera. Una lunga agonia cercare tali pitture rupestri nei giorni assolati di luglio! Pochissimi in giro i depositari del sapere – gli anziani – e scomparsi o disinformati completamente i giovanetti, quando interpellati lungo le vie infuocate fin dalla mattina.
Sono le pitture rupestri descritte nel paragrafo “Gli insediamento rupestri della Provincia di Brindisi” a cura di Antonio Ghionna, Schena Editore, del 2001. Un eroe del nostro tempo, come lo può essere Franco Farina, artista e scritture di Ostuni, che ci ha gentilmente permesso una intervista video sul suo libro dedicato alle pitture rupestri locali. Decidiamo di iniziare a cercare la Cripta di San Biagio, a pochi chilometri dalla Masseria Grottaminarda, in territorio di San Vito dei Normanni. Risultato? Tutto abbandonato, chiuso, sbarrato, in restauro da anni si mormora a mezza bocca dai locali. Nessun recapito telefonico funzionale a cui turisti e studiosi si possano rivolgere.
Le masserie intorno, irrorate di sole, cicale canterine a non finire, finocchiella, pomodori, basilico, sembrano prendersi gioco di noi curiosi della “Storia” e dirci in silenzi che affreschi delle iconostasi e della deesis della cripta, restano irraggiungibili: S. Cristoforo, il Profeta Daniele con gli Evangelisti, il Profeta Ezechiele, l’Annunciazione, la Fuga in Egitto, la Presentazione nel Tempio, l’Ingresso in Gerusalemme, Santi Andrea e Giovanni, S. Biagio, S. Demetrio, S. Giorgio, S. Silvestro, S. Giovanni Battista, S. Clemente. Tutto questo è in quella Cripta di San Biagio…
Per noi novelli pittori di icone, non poterli vedere è un vuoto desolante. Quanti altri anni dovremo aspettare? Di chi la responsabilità? Il Comune, La Provincia (ancora !?), La Regione, La Sovraintendenza ai Beni Culturali, Il Ministero MIBAS? Chi? Ci muoviamo allora per cercare la vicina cripta di San Giovanni, dove è conservato l’affresco dell’Arcangelo. Risultato? Nessuna Indicazione, nessuno sa nulla. Un sole cuocente e basta tra gli olivi e muretti bianchi.
Allora cambiamo rotta: cerchiamo la cripta di San Nicola – che in teoria sarebbe nella contrada omonima, ma giriamo tutto l’entroterra di Serranova – 4 case bianche senza un bar aperto – la contrada Colombo. Risultato? Nessun cartello, nessuna indicazione dai giovani, peraltro rarissimi, solo un timido cenno da un anziano senza voce ed affaticato. Cambiamo rotta, il tramonto si avvicina. Andiamo nell’entroterra oltre San Vito dei Normanni, fino a Masseria San Giacomo, verso San Michele Salentino, in cerca dell’insediamento rupestre di Santa Maria di San Giacomo. Ci dicono che è dentro a un ristorante privato – pitture rupestri del periodo circa bizantino – chiuse in un ristorante chiuso! Solo una foto della chiesetta interna ci fa sognare.
Chiesetta costruita nel 1600 sopra il vecchio insediamento rupestre, come è dato di sapere dagli atti della visita pastorale del 1667 di Monsignor Carlo Personè, Vescovo di Ostuni. Sul posto in cui è scavata la cripta sorgeva un antico casale che al tempo di Federico d’Aragona, nel 1409 risultava abbandonato. Quando la gente è tornata ad abitarlo è stata riscoperta la cripta ed è stata costruita sopra la chiesetta, Antonio Ghionna.
Le uniche pitture rupestri che riusciamo a vedere – riuscendo a trovare il cellulare di un parroco gentile e del suo parrocchiano con le chiavi – sono state quelle della grotta di Madonna della Nova (aperta tutti i sabati prima della domenica dopo Pasqua, in preparazione della omonima processione), e non ci sembra vero. Perché i giovani dell’Alto Salento non si riappropriano di queste chiese rupestri? Dei loro affreschi secolari come lo sono gli olivi?
O dobbiamo essere sempre noi di mezza età a reagire, a esporci, a prendere punizioni? Sentissero il FAI (che per esempio sta ben ristrutturando e gestendo le visite di Santa Maria a Cerrate, non lontano da Brindisi) o sentissero Herity International per certificare i beni sepolti, o scrivessero progetti raffinati, fossero essi europei, della World Bank, o della Cassa Depositi e Prestiti. E tutti di nuovo a lavorare unendo storia, scienza arte e archeologia in gruppi misti ben affiatati, fino a esplorare questo modello di lavoro nelle Smart Ancient Cities in Africa, come già proposto e pubblicato lo scorso anno per coniugare nuove forme energetiche, arte e turismo sostenibile nei borghi antichi carovanieri; e spero che tra quei 2500 lettori registrati ce ne siano stati di giovani pugliesi.